Oggi, il 20 marzo, è la giornata internazionale della felicità.
Ma è possibile essere felici in ogni fase della propria vita oppure si può esserlo solo da bambini?
Non esiste una ricetta definitiva e valida per tutti per essere felici ma c’è una cosa che invece accomuna le persone infelici ed è il condurre una vita piatta, vuota e, il più delle volte, solitaria.
Per dare quindi valore e significato alla propria esistenza ci sono due ingredienti fondamentali e irrinunciabili: le relazioni (amorose, di amicizia, di parentela…) e gli hobby (passioni, interessi).
Questi due “ingredienti” aiutano a mantenersi attivi e vitali e, soprattutto in età avanzata, a combattere l’apatia. Specialmente quando si affrontano momenti di grande cambiamento nella propria esistenza (come il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro, la nascita di un figlio, un lutto, il pensionamento, etc.) possono rivelarsi preziosi: le passioni aiutano a mantenere il senso della propria identità, che si deve riconfigurare in seguito al cambiamento, mentre le relazioni forniscono sostegno e supporto, facendo sentire la persona meno travolta dagli eventi. Mantenere delle “buone” relazioni – ovvero dei rapporti significativi e appaganti – ha inoltre un effetto positivo sul sistema immunitario, rafforzandolo. Interessi e relazioni sono dunque preziosi e indispensabili in tutte le fasi della vita e vanno coltivati nel tempo. Essi aiutano a migliorare il benessere psico-emotivo e a mantenere attivo il cervello, mentre solitudine e isolamento sociale sono invece dannosi non solo per l’umore ma anche per la salute in generale.
Diversi studi scientifici indicano che la solitudine può favorire significativamente la comparsa di patologie cardiologiche, ictus, decadimento cognitivo e depressione. Ad esempio, uno studio svolto nel 2016 in Gran Bretagna ha rilevato che, negli anziani, la solitudine aumenta del 50% il rischio di sviluppare una forma di demenza e del 30% il rischio di ictus e malattie coronariche. Un altro studio del 2015 evidenzia come la solitudine incrementi il rischio di morte prematura del 26%, diminuendo quindi l’aspettativa di vita di una persona. Il bisogno di appartenenza è profondamente radicato nella biologia umana, permette alle persone di sentirsi più sicure e informa la loro identità.
Citando il poeta inglese del XVII secolo John Donne:
“Nessun uomo è un’isola,
completo in sé stesso;
Ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.”