di Maria Giovanna Faiella
Racconta il figlio di una signora di 89 anni che vive nelle Marche: «Mia madre è invalida al 100 per cento, perché è cardiopatica, soffre di Alzheimer e di diabete e ha un’insufficienza renale grave. Abbiamo attivato l’Assistenza domiciliare integrata (Adi), che, oltre alle visite a casa di medico di famiglia e infermiere, prevede l’intervento di specialisti come il cardiologo, il geriatra, il neurologo. Ma alla Asl mi hanno detto che non hanno specialisti che facciano visite a domicilio, quindi, per i controlli, mia madre deve andare in ospedale e ogni volta bisogna pagare un’ambulanza per trasportarla. Nemmeno il geriatra prende in carico il malato: fa la visita a casa soltanto quando occorre stabilire se è necessario o meno portarla in una Residenza sanitaria assistenziale (Rsa)».
«Non si è presentato nessuno»
Dalla Sardegna, una signora riferisce: «Mia madre, che ha una serie infinita di patologie, è seguita in Adi. Prima aveva 4 ore di assistenza per 4 giorni alla settimana; ora soltanto di 2 ore per 2 giorni alla settimana. Il motivo? Carenza di fondi». «Dallo scorso luglio - dice un residente nel Lazio - mia moglie è costretta a letto a causa di numerose patologie invalidanti. Doveva avere l’assistenza domiciliare dalla Asl, con medici, fisiatra e operatori della riabilitazione, ma non si è presentato mai nessuno. Per garantirle le cure necessarie mi sono così rivolto a privati. Ora, però, non ho più soldi per proseguire le terapie». E ancora, una signora della Campania: «Mia madre, malata oncologica e con scompenso cardiaco, è stata ricoverata per una broncopolmonite. Una volta dimessa dall’ospedale, abbiamo continuato a somministrarle ossigeno a casa, ma per i necessari controlli abbiamo dovuto pagare sia il cardiologo, sia lo pneumologo».
I problemi principali
Testimonianze di persone che si sono rivolte al Pit Salute (Progetto integrato di Tutela) di Cittadinanzattiva perché si sono viste negate o ridotte cure domiciliari che spettano di diritto a soggetti non autosufficienti e in condizioni di fragilità. E non si tratta di voci isolate: le denunce non si contano, come emerge anche dall’ultimo rapporto del Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici (Cnamc), cui hanno collaborato 38 organismi nazionali di individui con patologie croniche e rare, rappresentativi di oltre 100mila cittadini. Due associazioni su tre giudicano inadeguata l’assistenza domiciliare, soprattutto per l’esiguo numero di ore concesse, lacune nella riabilitazione e problemi per medicazioni e visite a casa. Sono segnalate, inoltre, notevoli carenze anche nei servizi socio-assistenziali. Eppure, l’Adi, Assistenza domiciliare integrata, rientra nei Livelli essenziali di assistenza (i LEA), che vanno garantiti a tutti i cittadini in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.
Il 40% degli italiani malato cronico
«Anche se dal 1998 a oggi è aumentato il numero di persone seguite con l’Adi, segno di una maggiore attenzione alle cure domiciliari, è anche vero che è cresciuto il bisogno di questo tipo di cure» sottolinea Gianfranco Damiani, dell’Istituto di sanità pubblica dell’Università Cattolica di Roma, tra i curatori del Rapporto Osservasalute, l’Osservatorio che da più di un decennio monitora la salute degli italiani. Oggi, circa 13 milioni di nostri connazionali hanno più di 65 anni e, secondo le previsioni Istat, nel 2043 gli anziani saranno il 32% della popolazione, di cui la metà ultraottantenni. Già ora circa il 39% della popolazione soffre di una patologia cronica e, tra gli over 75, circa il 67% ha almeno due patologie. Secondo l’Osservatorio Sanità di Unisalute, società del gruppo Unipol, l’anno scorso un italiano su tre ha avuto bisogno, personalmente o per un parente, di avvalersi di qualche servizio di assistenza domiciliare, a volte temporaneo, dopo un incidente o un ricovero, altre volte continuativo, per un anziano o per una malattia cronica invalidante.
Assistiti 50 anziani su mille
«Nel nostro Paese, in media solo 50 su mille ultra 65enni sono assistiti in Adi - riferisce Damiani - mentre la media nei Paesi dell’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ndr) è di 70 anziani ogni mille. Il valore ottimale è calcolato in circa 100 persone ogni mille, come avviene, per esempio, in Olanda, Danimarca, Svizzera». Lo confermano i dati del Sistema per il monitoraggio dell’assistenza domiciliare (Siad) del Ministero della Salute: nel 2014 la media nazionale di assistiti a domicilio è stata del 2,31% della popolazione di 65 anni e oltre (esclusi i casi con coefficiente di intensità assistenziale base, cioè con meno di 4 accessi al mese a casa della persona non autosufficiente, ndr)».